La campagna vaccinale quale priorità per l’Italia, lo aveva detto a chiare lettere Mario Draghi, sin dal momento in cui accettò, con riserva, l’incarico conferitogli dal Presidente Sergio Mattarella. A circa tre settimane dal suo insediamento, sebbene il nuovo piano elaborato per la somministrazione dei vaccini non sia ancora decollato, l’inquilino di Palazzo Chigi prova a dar seguito alle sue parole.
È notizia di queste ore, infatti, che l’ex numero uno della BCE si è opposto all’esportazione di numerose dosi dei vari vaccini attualmente “in commercio”, facendo la voce grossa in sede europea senza trovare particolari resistenze. Il dato certo riguarda il secco no del governo italiano all’invio di 250.000 mila dosi di Astrazeneca in Australia. Dosi che sarebbero dovute partire dallo stabilimento di Anagni. La notizia, riferita dal “Financial Times” citando fonti interne all’esecutivo Draghi, è stata poi confermata da “Il Sole 24 Ore”.
Uno stop, questo, che è del tutto in linea con la procedura, secondo molti controversa, prevista dall’Unione Europea per l’esportazione di vaccini verso paesi extra comunitari. Le case farmaceutiche, secondo tale direttiva, devono notificare la richiesta al governo di competenza, ed attendere la risposta prima di far partire la spedizione. Compito dell’esecutivo, poi, è quello di riferire alla Commissione Europea e di comunicare la decisione attendo i rilievi di Bruxelles che, in questo caso, ha avallato la scelta di Mario Draghi.
Più controversa ma, comunque, coerente con questa linea d’azione è la scelta del governo italiano che, secondo quanto scrive la stampa francese, si sarebbe opposto anche alle donazioni di vaccino per i paesi africani. L’UE, infatti, avrebbe dovuto destinare, con la mediazione dell’ONU, 13 milioni di sieri anti Covid in Africa. Una presa di posizione netta che, secondo “Le Monde”, potrebbe mettere una pietra tombale su questa opportunità. In occasione del vertice europeo della scorsa settimana, Draghi avrebbe bacchettato i suoi omologhi, ribandendo la necessità di imporre uno sprint alla campagna vaccinale nel Vecchio Continente. Una necessità che, evidentemente, nella visione del premier italiano impone certi no.
Vedremo, quindi, quali saranno le reazioni del consesso internazionale a quello che, alcuni, hanno quasi ironicamente definito “sovranismo vaccinale”. Al di là delle singole posizioni statali, appare indubbio che occorre un decisivo cambio di marcia. Il sostanziale immobilismo delle istituzioni europee, o meglio l’inefficacia di certe scelte, rischia di allontanare sempre di più l’uscita dal tunnel, con conseguenze nefaste e inimmaginabili.